APS
– Anno XIX ( nuova serie ) – n°666 di lunedì 31 marzo 2014
RIFORMA
DEL SENATO/ROMPENDO INASPETTATAMENTE IL RISERBO ISTITUZIO
NALE,GRASSO METTE IN FIBRILLAZIONE IL QUADRO POLITICO E DI GOVERNO
NALE,GRASSO METTE IN FIBRILLAZIONE IL QUADRO POLITICO E DI GOVERNO
Roma,31/03/14 – (Aps) – Dopo una settimana consacrata
agli incontri in Europa con i vertici Ue ed a Roma con il Presidente americano
Obama,è esplosa violenta la polemica sul dl di modifica costituzionale (
formalmente approvato nella giornata di oggi dal Con siglio dei Ministri)
riguardante il superamento del cosiddetto “bicameralismo perfetto”,con la
trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie.
L’infiammarsi della polemica – che certo già covava sottotraccia,trai sostenitori dello status quo già da qualche tempo) è stata provocate dalle parole del Presidente del Senato, Piero Grasso,che in due interviste – al quotidiano “La Repubblica” ed “In Mezz’ora” , il programma tv di Lucìa Annunziata su Rai3 – ha lasciato di stucco con i suoi giudizi demolitori,del tutto opinabili naturalmente,del progetto del Governo Renzi della cosiddetta Riforma del Senato.E soprattutto del fulcro della proposta governativa:la non eleggibilità dei componenti del nuovo Senato;la ridotta e specifica attribuzione delle funzioni legislative a quell’Assemblea.Insomma, quanto basterebbe a vanificare tutta la proposizione riformatoria del deprecato sistema del bicameralismo tra le due assemblee di Montecitorio e di Palazza Madama,congiuntamente al mancato abbattimento dei relativi costi di dette istituzioni.
Oltretutto l’uscita del Presidente del Senato – l’ex Procuratore nazionale Antimafia messo nelle liste dal Pd e portato direttamente alla Presidenza della attuale Camera Alta – ha destato non poca sorpresa, al di là del merito delle affermazioni fatte, anche per il ruolo, la terzietà, cui la seconda carica dello Stato sarebbe tenuta.Soprattutto in ordine a temi così centrali e decisivi della discussione politica.C’è chi evoca anche altri sintomi nei mali attuali della classe politica – non chiamiamola casta –. Quelli dello scarso professionismo politico, che in assoluto non deve essere considerato un male e tuttavia è spesso fonte di guasti non di poco conto. Altre immagini evocate nella vicenda che ha visto al centro in quest’ultimo weeck-end, il Presidente Grasso – nella sua qualità appunto di esponente massimo dell’organismo costituzionale sul quale sta incentrandosi la rivolta esplicita od occulta in ordine alla proposta di legge costituzionale che,approvata oggi dal Consiglio dei ministri,entra da domani a Palazzo Madama per essere incardinata sui binari dell’esame e della sua approvazione, fortemente voluta dal governo e dalla sua maggioranza. E si è parlato anche- per gli umori che animano una parte di quella Assemblea -di un “Giardino d’inverno” nella nostra per la verità limitata “rivoluzione” costituzionale.Un evento dunque che a ragione sta infocando il clima politico in questi giorni,anche per effetto della inveterata abitudine, alle nostre latitudini, di non tener fede ai patti politici.Quello, ad esempio,tra maggioranza e opposizione su un tema cruciale come questo:dalla legge elettorale,alla fine del bicameralismo,al Titolo V,sulla rivisitazione delle autonomie locali.Queste,si ricorderà,frettolosamente ritoccate- in epoca di “eccitazione federalista” - proprio ad opera –hainoi .- di un centro sinistra smanioso di riformismi immeditati.
DOVE VANNO NENCINI E COMPAGNI? PERCHE’ NON –FINALMENTE - LA CONFLUENZA NEL PD?
L’infiammarsi della polemica – che certo già covava sottotraccia,trai sostenitori dello status quo già da qualche tempo) è stata provocate dalle parole del Presidente del Senato, Piero Grasso,che in due interviste – al quotidiano “La Repubblica” ed “In Mezz’ora” , il programma tv di Lucìa Annunziata su Rai3 – ha lasciato di stucco con i suoi giudizi demolitori,del tutto opinabili naturalmente,del progetto del Governo Renzi della cosiddetta Riforma del Senato.E soprattutto del fulcro della proposta governativa:la non eleggibilità dei componenti del nuovo Senato;la ridotta e specifica attribuzione delle funzioni legislative a quell’Assemblea.Insomma, quanto basterebbe a vanificare tutta la proposizione riformatoria del deprecato sistema del bicameralismo tra le due assemblee di Montecitorio e di Palazza Madama,congiuntamente al mancato abbattimento dei relativi costi di dette istituzioni.
Oltretutto l’uscita del Presidente del Senato – l’ex Procuratore nazionale Antimafia messo nelle liste dal Pd e portato direttamente alla Presidenza della attuale Camera Alta – ha destato non poca sorpresa, al di là del merito delle affermazioni fatte, anche per il ruolo, la terzietà, cui la seconda carica dello Stato sarebbe tenuta.Soprattutto in ordine a temi così centrali e decisivi della discussione politica.C’è chi evoca anche altri sintomi nei mali attuali della classe politica – non chiamiamola casta –. Quelli dello scarso professionismo politico, che in assoluto non deve essere considerato un male e tuttavia è spesso fonte di guasti non di poco conto. Altre immagini evocate nella vicenda che ha visto al centro in quest’ultimo weeck-end, il Presidente Grasso – nella sua qualità appunto di esponente massimo dell’organismo costituzionale sul quale sta incentrandosi la rivolta esplicita od occulta in ordine alla proposta di legge costituzionale che,approvata oggi dal Consiglio dei ministri,entra da domani a Palazzo Madama per essere incardinata sui binari dell’esame e della sua approvazione, fortemente voluta dal governo e dalla sua maggioranza. E si è parlato anche- per gli umori che animano una parte di quella Assemblea -di un “Giardino d’inverno” nella nostra per la verità limitata “rivoluzione” costituzionale.Un evento dunque che a ragione sta infocando il clima politico in questi giorni,anche per effetto della inveterata abitudine, alle nostre latitudini, di non tener fede ai patti politici.Quello, ad esempio,tra maggioranza e opposizione su un tema cruciale come questo:dalla legge elettorale,alla fine del bicameralismo,al Titolo V,sulla rivisitazione delle autonomie locali.Queste,si ricorderà,frettolosamente ritoccate- in epoca di “eccitazione federalista” - proprio ad opera –hainoi .- di un centro sinistra smanioso di riformismi immeditati.
DOVE VANNO NENCINI E COMPAGNI? PERCHE’ NON –FINALMENTE - LA CONFLUENZA NEL PD?
Roma,31/03/14 – (Aps) - Dopo il Consiglio nazionale
ultimo del Psi di Nencini e relativi adempimenti – tra l’altro l’ex Ministro
socialdemocratico Carlo Vizzini nominato
Presidente – viene da chiedersi se non sarebbe più utile e producente, per gli
eredi una così lunga e contrastata
tradizione politica nostrana, puntare a non perdere le opportunità giuste
ancora una volta.Di valorizzare cioè all’interno del Pd – unica risorsa democratica riformista del
nostro Paese - quella stessa tradizione e le sue radici.Rivendicandone
legittimamente la propria primogenitura ideologica nei principì fondativi di
quel Partito.Del quale peraltro non dovrebbero
oltre ignorare - gli ex socialisti oggi
nuovamente Psi - la consonanza profonda
d’ispirazione ideale e politica.
Sembrano invece essere attratti e non da oggi -Nencini e
compagni -in uno sterile gioco di difficile comprensione,che è soltanto di affiancamento, che non li comprometta o li
contagi tuttavia oltre un certo limite.Che significa ed a che serve tutto
ciò?Ormai è chiaro il peso elettorale – più che modesto - delle liste meritoriamente
presentate da questo partito anche in
più recenti occasioni.Così come è evidente la ristrettezza della piattaforma programmatica od ideologica
degli eredi “ad oltranza” di Nenni,di
Craxi(ed anche di Saragat ?) incentrata prevalentemente sui temi di un laicismo
ormai fuori del nostro tempo. Andare in controtendenza politica,per così
dire,serve forse a fare il bene della Ditta?Ma a quale scopo?
Ora, proprio a margine
di questa riunione del C.N,.è sembrato aprirsi nuovamente il varco di un rapporto più organico con il
Partito democratico e speriamo finalmente che i reduci e discendenti dell’esperienza socialista non si lascino
ancora impaurire dalla prospettiva di una confluenza,unica dignitosa
conclusione di una storia politica assai incerta e mal gestita, anche e soprattutto
in tempi più recenti.
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