domenica 30 novembre 2014

"PRIMA IL COLLE POI LE RIFORME"/MA RENZI DICE NO AL RICATTO DELL'EX CAV.NELL'INTEMERATA DI MILANO/ANNICHILITO DAL VOTO PER FI ALLE REGIONALI

APS – Anno XIX ( nuova serie ) – N°688 di domenica 30 novembre 2014 “PRIMA IL COLLE POI LE RIFORME”/MA RENZI DICE NO AL RICATTO DELL’EX CAV.NELL’INTEMERATA DI MILANO/ANNICHILITO DAL VOTO FI ALLE REGIONALI Roma,30/11/14 – (APS) – In una domenica lavorativa a tutti gli effetti per la politica,a Montecitorio è arrivato questo pomeriggio il via libera della Camera - dopo che ieri aveva già largamente superato la fiducia posta per tre volte sui maxi emendamenti in cui è stato spacchettato il provvedimento - alla Legge di Stabilità.Un tassello questo tutt’altro che indifferente per la politica economica del Governo,a favore delle famiglie e delle imprese;in una cornice anche temporale che da il senso e la misura di quanto sia impegnativo l’attuale passaggio del quadro politico.Ma la domenica politica registra anche un altro rilevante botta e risposta tra il Premier e l’ex Cav.Berlusconi che, scottato dalle ultime brucianti sconfitte (l’8 per cento appena alle regionali emiliane), si era lanciato ieri in una temeraria uscita pubblica sulla piazza di Milano, dalla quale ha lanciato il suo guanto di sfida:prima delle riforme di Renzi (che poi a detta dell’exCav. sarebbero quelle da sempre proposte dal centrodestra!) accordo sul successore di Napolitano che peraltro ancora non si è formalmente dimesso,come sappiamo.Renzi non ha atteso a replicare : il patto del Nazzareno va rispettato nella sua sostanza e da entramber le parti.Dunque,niente ricatti. Dobbiamo peraltro ricordare che è appena di sette giorni fa il voto regionale in Emilia Romagna e Calabria – altre due Regioni conquistate dalla Sinistra( senza trattino,come Renzi stesso tiene a precisare anche se in contrasto con le forti dispute interne al Pd e con il Sindacato di riferimento che da sempre è stata la Cgil) che hanno evidenziato un pauroso balzo in avanti dell’astensionismo,con soltanto il 37% recatosi alle urne nell’Emilia Romagna e con poco più,il 42%,in Calabria, che non possono non far seriamenre riflettere la classe politica, sul largo senso di sfiducia che prevale trai cittadini verso la politica stessa.Ed anche a proposito dei minori consensi attorno alle liste del Pd in Emilia-Romagna - regione tradizionalmente “rossa” e per definizione sempre schierata con la Sinistra – la flessione del voto al Pd(che ha vinto comunque la competizione amministrativa ma con una cifra assoluta di voti consistentemente inferiore rispetto ad ogni altra consultazione popolare) non poteva non essere messa in relazione con lo strappo a “sinistra” determinatosi attorno ai democrat con il Jobs,art.18 e tutte le polemiche che ne sono discese,a cominciare dall’essere di sinistra oggi,.per finire all’encomio recentissimo di Renzi agli imprenditori” : ai lavoratori no?”,gli è stato obbiettato. Insomma,in una temperie che certo non appare rasserenata all’interno di quello che oggi si conferma il solo partito-risorsa per il consolidamento democratico e per un mirato piano di crescita del Paese,ci si avvia ad una fase ancor più impegnativa in cui al completamento urgente e necessario del piano delle riforme, attese anche in Europa,si somma oggi la questione non meno spinosa di un ormai preannunciato avvicendamento a scadenza breve,probabilmente non ravvicinatissima,al Quirinale tra Napolitano – il cui rinnovo per ragioni eccezionali era stato accolto da Napolitano stesso soltanto alla condizione di una sua breve durata – ed il suo successore.Non si può non aggiungere che - mentre prende corpo un’alternativa di destra lepenista poco promettente,cui sta abilmente dando vita il successore di Bossi,Salvini,su una piattaforma di questa nuova Lega che da federalista diventa nazionalista, viene mandato in soffitta il secessionismo per anni sbandierato più che altro folcloristicamente.Sfruttando viceversa oggi,da parte di Salvini, la disperazione e la rabbia,di varia origine che è certo presente in larghi strati della popolazione Infine,per completare il panorama,la crisi progressiva profonda dell’MS5,che ad ogni elezione ormai perde colpi,mettendo in mostra la vacuità ed il velleitarismo dei propri inutili proclami.Beppe Grillo – che si “sente un pò stanchino”,come ha lui stesso dichiarato in uno dei suoi ultimi show,dedicato alle pulizie interne trai cittadini-deputati,con minacce o decretazioni di espulsione,sempre sulla base formale delle irregolarità o mancanza di rendicontazione spese – ha confessato in buona sostanza la propria delusione per la fermata così brusca del movimento.Dal Parlamento come pure dalle altre pochissime esperienze di potere locale emerge con chiarezza che lo stare in panchina non giova.Si da la conferma definitiva della totale incapacità dei 5S a misurarsi con i problemi reali della gente.del Paese.Una coclusione sulla quale in verità vi erano pochi dubbi.

sabato 15 novembre 2014

RECESSIONE CHE NON ARRETRA,SCIOPERO SOCIALE E MALESSERE IN MOLTE PIAZZE D'ITALIA/NEPPURE RENZI ARRETRA CON LE SUE RIFORME/IL DIBATTITO NEL PD SUL CHI DEVE CAMBIARE CANALIZZATO IN UNA SALUTARE DIALETTICA?

APS – Anno XIX ( nuova serie ) n°687 di sabato 15 novembre 2014 RECESSIONE CHE NON ARRETRA,DISAGIO SOCIALE NELLE PIAZZE/LO SFORZO DI RENZI:DARE SBOCCO ALLE SUE RIFORME IMPEGNATIVE MA NECESSARIE Roma,15/11/14 – (Aps)-E’ un dibattito ininterrotto quello che è dato da registrare all’interno od attorno al Pd quando è sembrato che la”irruenza “ del giovane Premier potesse mettere a repentaglio la stessa coesione del partito di cui egli è Segretario(oltrechè ,appunto,attivissimo Premier).Riguarda, da caso a caso,.l’auspicio di un cambio di passo del Leader,o viceversa di un diverso atteggiamento dell’altra componente,quella minoritaria,della” vecchia guardia” che raccoglie come si sa anche molti big democrat ,da Bersani a D’Alema, a tanti altri esponenti ,vecchi e nuovi,di rilievo del Partito.Dibattito ed interrogativi che diventano tanto più incalzanti dinanzi ad occasioni in cui “i due Pd”,come vengono individuati,sono addirittura impegnati in eventi diversi,ed apparentemente contrapposti.Come è accaduto qualche settimana fa con la riunione annuale renziana della Leopolda a Firenze ed,in contemporanea, la riuscita mobilitazione di Cgil e Fiom a piazza San Giovanni a Roma.Chi e come dovrebbe dunque cambiare?La risposta la possiamo riprendere da un bell’editoriale del quotidiano Europa,dedicato alla predetta circostanza: “È da quando è sulla scena, che più o meno ogni giorno – scrive Europa - qualcuno chiede a Matteo Renzi di essere diverso da come è. Per un periodo l’ha fatto anche Europa, quando temeva che gli scossoni che il rottamatore dava al Pd, allora malato, potessero ammazzarlo.Era un pronostico assai diffuso al tempo (sembra un secolo fa, sono appena due anni). Non so se fosse da assimilare alle odierne gufate, in ogni caso era un timore sbagliato. Oggi dire che Renzi abbia guarito il Pd è un eufemismo. E dovrebbe bastare questo a chiudere le polemiche sulla Leopolda: pur senza esporre bandiere del Pd, la verità è che le Leopolde hanno salvato il Pd, fin dalla prima edizione. Prima come incubatrici, poi come vettori del gruppo dirigente che ha portato i democratici a governare l’Italia, a battersi in prima fila in Europa, a divenire oggetto d’attenzione per i progressisti nel mondo.Più che sbagliato, è inutile chiedere a Renzi di cambiare. Qualsiasi istanza di normalizzazione, rivolta con le migliori intenzioni, cadrà nel vuoto. Renzi può cambiare tattica e tempi, anzi è rapidissimo a farlo, ma non cambierà mai prassi operativa. È un po’ come per la Leopolda: tutti si interrogano su come debba per forza cambiare (o sparire) ora che il renzismo è partito, governo, istituzione; Renzi, senza interrogarsi troppo, si siede al solito banco da dj e conduce il solito gioco.Il fatto è che sono gli altri, sostenitori e avversari, che dovrebbero cambiare e non l’hanno fatto.” Ecco,partendo da questa conclusione che si può forse andare nella giusta direzione.Nel senso che un dibattito plurale indirizzato ad individuare una nuova identità riformista calata nel tempo che attraversiamo e che ha cambiato molti dati di fondo della società,del contesto in cui ci muoviamo,in Europa e non solo;tutto questo non solo non è limitativo,può dare bensì maggior forza ad un partito della grande tradizione socialdemocratica europea e che in Italia e nel Vecchio Continente mira oggi a giocare una partita di primo piano. Si vorrà probabilmente obbiettare:ma con tutto quello che sta accadendo non solo sullo scenario italiano(su tante piazze lo “sciopero sociale” che è segnale nuovo di malessere diffuso ed assieme un ottimo investimento per gli imprenditori della violenza,dai Salvini,ai Borghezio -non parliamo dell’usurato showman dei 5Stelle e dei suoi comprimari - ai vecchi e sfiancati burattinai del rigurgito fascista sempre in agguato) il Pd crede ancora di poter governare il quadro d’assieme del Paese percorso da così tante tensioni?La risposta non può essere che sì.Intanto per mancanza della benchè minima alternativa credibile e concretamente spendibile.In secondo luogo,perché il Pd è appunto una grande forza democratica riformista, erede di una collaudata esperienza della cultura politica,di proposta e di governo, socialdemocratica europea,consistentemente premiata dal consenso popolare(quasi il 41%) alle ultime consultazioni di fine maggio per le europee,facendone il principale partito del riformismo democratico(il Partito del socialismo europeo,il Pse).Infine,perché esso è impegnato in un duro ma sin qui vittorioso tentativo di dare all’Italia una cornice di riforme in materia economica,del lavoro,delle istituzioni che dovrebbero farne uno dei paesi che meglio di ogni altro in Europa sta per compiere il grande balzo in avanti,con l’assetto più innovativo in materia politica,economica iastituzionale,come della garanzia dei diritti del cittadino.Passaggi certamente assai impegnativi,ma sin qui positivamente già avviati in sede parlamentare.Portare a compimento l’opera riformatrice del Governo Renzi significherà oltretutto affrontare con più fondate ragioni nella Ue,con la nuova Commissione appena insediata, la partita imperniata sul trinomio riforme-flessibilità-austerity a cui l’Italia resta,come sappiamo,fermamente interessata. Anche in virtù di una siffatta promettente cornice,ben venga dunque il dibattito interno al Pd sul cambiamento,sul chi deve prima cambiare e cosa.Sarà motivo utile a rivitalizzare energie per un interno salutare confronto di cui un grande partito come il Pd ha sempre estremo bisogno.

martedì 4 novembre 2014

RICUCIRE I FILI DI UN MODERNO RIFORMISMO DI GOVERNO/DI CERTO SGRADITO A DESTRA ED ESTREMA POPULISTA/INDISPENSABILE ALLA RIPARTENZA ED ALLA CRESCITA DEL PAESE

APS – Anno XIX ( nuova serie ) –n° 686 di martedì 4 novembre 2014 RICUCIRE I FILI DI UN MODERNO RIFORMISMO DI GOVERNO CERTO SGRADITO A DESTRA E ALL’ESTREMA POPULISTA/UTILE ALLA RIPARTENZA DEL PAESE Roma,04/11/14 – (Aps) – Non è proprio dei migliori il clima politico in questo momento.In generale, ma soprattutto all’interno della maggioranza e del più vasto universo della politica, della cultura, del mondo del lavoro,sindacati in primis,che sono sempre stati catalogati,per antonomasia, come la sinistra. Fibrillazioni attraversano in tutti i sensi di marcia il vasto corpo del Pd.Dai vertici agli esponenti impegnati in prima linea nell’opera di governo,con la complessa agenda che la connota, a tutti i dirigenti di fede renziana o della cosiddetta minoranza che mordono il freno per dare più visibilità a progetti,contropoposte La cosa che più allarma è la nuova categoria politica - imperiosamente lanciata da “superautorevoli” esponenti del nuovo corso - che vorrebbe di “sinistra” unicamente chi si allinea alla”trasformazione” (non al trasformismo?) che si vuole attuare,altrimenti fatalmente si è di “destra”.In verità ci sembra un gioco un po’ bizzarro,mirato a trasformare,si,ma che cosa?Per effetto di illusionistiche magìe, la realtà, politica ,sociale, economica,italiana e non solo,forse anche del più esteso contesto geopolitico in cui ci muoviamo? Il quadro purtroppo è più serio.Perchè che la situazione del nostro Paese in particolare, ma anche dell’Europa,eurozona,non,v’è dubbio che essa rimanga pesante.Dati statistici - e rilevazioni autorevoli anche in sede internazionale alla mano - confermano l’andamento sostanzialmente fermo,non lontano dal segno negativo dell’economia ,i limitati se non controproducenti effetti di alcune delle misure contenute dal nostro Piano di Stabilità,che riducono la crescita auspicata a frazioni di punto.C’è in altri termini da lavorare ancora sodo da noi.E così anche per tentare di modernizzare ed efficientare la macchina dello Stato, come di amministrazioni periferiche ed enti locali ;e via dicendo anche per gli numerosi ed importanti campi toccati dalle riforme di Renzi, per risalire la china sulla quale eravamo decisamente incamminati dalla seconda metà del primo decennio duemilla.Per non parlare degli ancora più lontani inizi del nostro disastro contabile ed economico.In altre parole,è venuto anche per Matteo Renzi il tempo delle scelte.Il nuovismo come sinonimo di moderenizzazione, come adeguamento alle nuove dinamiche delle realtà sociali ed economiche,lo sveltimento delle regole per lo stesso mercato del lavoro,va bene.Mettere mano alla demolizione di conquiste simboliche fin che si vuole,che rappresentano tuttavia anche nel mondo di oggi diritti fondamentali dei prestatori d’opera:questo davvero non si può.Come non si possono usare toni sprezzanti nei confronti dei sindacati,come la Cgil, che con più coerenza quei lavoratori continua a rappresentare..Sindacati e lavoratori che devono continuare ad essere e rappresentare l’ineliminabile base di una forza di netta impronta riformista quale deve evidentemente ancora poter essere il Pd.Un limite obbligatorio,questo,e perciò invalicabile. Che abbiamo sentito viceversa fortemente scosso in queste settimane.Dall’ultima Leopolda ed alla non sempre edificante passerella più volte rimirata tra le suggestioni della vecchia stazione medicea,alla imponente manifestazione sindacale di sabato scorso a piazza S.Giovanni a Roma,ai poco esaltanti episodi di violenza,due giorni dopo, a danno dei manifestanti:i cinquecento operai della Thiyssen di Terni,radunati nella Capitale in difesa del proprio posto di lavoro seriamente minacciato.Ecco, se veramente tutti vogliamo “cambiar verso” al Paese,oggi dobbiamo e subito compiere un gesto che è nella nostra piena disponibilità.Dobbiamo voltar pagina nella dialettica e nelle relazioni – rafforzandole e migliorandole - all’interno di un partito e del suo mondo di riferimento naturale che è e rimane il il sindacato.Se vogliamo conservare la forza propulsiva del riformismo socialdemocratico del Pd.Con esso salvaguardare e possibilmente incrementare quel ragguardevole capitale di consensi raccolto nel voto europeo del maggio scorso.E’ vero che il Pd deve coltivare la legittima ambizione di conservare ed andare oltre l’inaspettato 40,08 % delle europee.Ma attenti a non confondere le lingue,come suol dirsi,con improbabili e poco definiti “partiti della nazione” di cui pure si è sentito,ed in più occasioni parlare.Si tratta di progetti ed idee che davvero non possono avere appeal nel vasto popolo del Pd.