giovedì 24 febbraio 2011

QUEL CHE MANCA AL PD / MA L’OPZIONE SOCIALDEMOCRATICA E’ INELIMINABILE

Roma,11/02/11 (Aps) - Come tutti sappiamo,è aperto  e non da oggi nel Pd un largo dibattito ed anche un confronto talvolta apparentemente serrato tra le diverse opzioni che si aprono dinanzi a questo partito che vuole essere, nelle ambizioni delle origini come in quelle più recenti ed attuali,la forza progressista,riformatrice:il centro-sinistra,o la sinistra ,tout cour,a netta impronta moderata e democratica.A suggello delle lunghe travagliate prove che questa parte politica ha affrontatto e superato in Europa e non solo.Da in lato,con la esperienza negativa del comunismo mondiale che si è conclusa malamente sotto le macerie del muro di Berlino nell’89.Dall’altra, l’esperienza delle socialdemocrazie europee che paradossa lmente invece di trovare nell’evento epocale del crollo comunista un elemento di forza e di propulsione ne hanno ricevuto, in linea generale,più motivi di freno e di interno ripiegamento,anche con l’inaspettato rifluire da parte di alcune componenti all’interno dei singoli partiti,su posizioni estreme,se non con la netta scissione dalla casa madre.E’ quanto è avvenuto nella Spd tedesca con la nascita della “Die Linke,beneficiaria di una buona affermazione elettorale da considerare speculare alla non trascurabile flessione patita invece dai socialdemocratici.La mappa del socialismo democratico del vecchio  continentale registra però anche un evento del tutto opposto ed è la forte espansione laburista che sotto Tony Blair aveva potuto parallelamente registrare il New Labour.Più recentemente,nel dopo Blair,il Labour  tuttavia ha dovuto subire una battuta d’arresto non trascurabile,cedendo ai conservatori di Cameron (affiancati inusitatamente dai liberaldemocratici) lo scettro di comando del Regno Unito.E l’affresco europeo potrebbe continuare con la Francia dove la forza socialista (che non ha mai subito contaminazioni da parte comunista) prosegue nell’ altalena che la oppone al meglio insediato,elettoralmente,rassemblement del centro-destra in accentuata discontinuità. Manca ai socialisti francesi un profilo identitario che possa promuovere con maggiore stabilità il loro appeal elettorale anche verso i ceti nuovi e più avanzati.
Del capitolo socialista italiano – che comprende,sia pure con consistenti differenziazioni, anche quello della socialdemocrazia nata con Saragat a Palazzo Barberini nel ’47 e per breve periodo,dal ’66 al’69, riunificata col Psi – conosciamo tutti almeno le pagine salienti.Il trauma di Tangentopoli colpì in in maniera mirata il campo socialista,a partire dal leader Psi, Craxi,a molti altri esponenti di quel partito che avevano cercato di proporre l’immagine di una forza nuova di rinnovamento,riformatrice di una Paese che, ancora nell’ultimo decennio del secolo passato, si trascinava dietro irrisolte questioni ataviche di squilibri,disuguaglianze territoriali,sociali,di sviluppo che altri paesi dell’Occidente avevano con largo anticipo affrontato e risolto.E’ una storia -  quella del socialismo democratico in Italia - che s’intreccia con quella del Paese.Ed è una storia interrotta ,un filo che si ripropone chiaramente tutt’oggi,nella odierna cornice del quadro politico.Si ripropone ovviamente nello scacchiere di sinistra,nel travaglio di questa seconda Repubblica,connotata sin qui dall’inquietante fenomeno del populismo berlusconiano – oggi al tramonto – ed anche dal tormentato percorso dei vari filoni che fanno capo all’istanza democratico-riformista che mantiene un comune unitaria impronta di marca europea;dalla sin qui irrisolta diaspora socialista.Sono oltre tre lustri di storia politica del Paese che lasciano dietro di se – con l’avventura populistica di questi anni e che ancora tarda a morire - una scia di veleni,di contaminazioni della politica correttamente intesa nei suoi più alti valori della democrazia.
Oggi siamo comunque ad un impegnativo punto di svolta.Il Pd è chiamato a svolgere il suo ruolo primario di principale forza di opposizione;come alternativa di governo prossima futura.Di qui l’accelerazione del dibattito o confronto interno sulla ricerca di linee strategiche,programmatiche,o alleanze.Di qui vorremmo aggiungere la pretestuosità di molti “distinguo”(anche etico-religiosi in un partito per definizione di pensiero laico),il candido stupore che si possa essere sospettati di “sinistrismo” o di tendenziale “socialdemocraticismo”.Il che per un partito che aderisce al Pse(partito del socialismo europeo) che al Parlamento Europeo fa parte del Gruppo socialista equivale ad un inquietante rompicapo.Forse,e senza forse, non è estraneo a tutto ciò la questione dell’assenza socialista nel Pd
che venne di fatto sancita – difficile attribuirne la responsabilità - alla vigilia delle politiche del 2008  con l’esclusione della componente socialista – cui nel contesto del nuovo partito spetterebbe se non altro un riconoscimento di primogenitura storico-ideologica - dalle liste dei democrats per Camera e Senato e la conseguente cancellazione dal Parlamento.




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